Elisabetta Barone è candidata a sindaco di una coalizione di 7 liste (partitiche e civiche).
Quali le sue prime impressioni sulla città vista da candidata a sindaco, e non da cittadina?
“La prima sensazione è quella di una città abbandonata. Incontro tante persone deluse che non chiedono grandi cose, ma un quotidiano normale: senza topi, senza marciapiedi disconnessi. Bisogna garantire il ripristino di funzioni elementari del vivere quotidiano: soltanto partendo da questo è possibile poi occuparsi di tutto il resto. Istruzione, formazione, sviluppo culturale, turistico, economico sono importanti: ma non si può sottovalutare questo sentimento di abbandono. Anche nell’uso di servizi quotidiani come il trasporto pubblico. Soprattutto in periodi come questi, con le scuole aperte, è quanto meno strano che l’assessore competente non abbia sentito la necessità di collegarsi con gli assessori dei comuni limitrofi per organizzare e concertare un piano di trasporto coordinato”.
Cosa intende?
“Questa amministrazione ha avuto bisogno del Covid per scoprire che a Salerno, ogni mattina, arrivano dai comuni limitrofi 14.000 studenti iscritti alle scuole secondarie di secondo grado della città. Questo intasa le poche vie di ingresso e di uscita. È stata data un’indicazione ai dirigenti scolastici per programmare gli ingressi su due orari, invitando i responsabili del trasporto a garantire ulteriori corse. Queste ulteriori corse non sono state garantite: gli autobus transitano stipati di ragazzi, che non riescono a raggiungere in orario la scuola. I genitori sono costretti ad accompagnarli con mezzi privati”.
Altro tema caldo in questa campagna elettorale: la cementificazione.
“Continuiamo a costruire sulla base del Puc del 2005 che partiva da un’analisi di contesto che prevedeva uno sviluppo demografico da 136.000 a 180.000 abitanti. La città invece dal 2005 perde in media 1000 abitanti all’anno. Oggi siamo 129.000, ma continuiamo a costruire per 180.000 abitanti. Questo è folle, insensato. Quel Puc non è più aderente alla realtà”.
I giovani: una sua priorità.
“I giovani vanno via dalla città e non rientrano: il mio programma prevede interventi per arrestare questa emorragia e invertire la tendenza. È la vera priorità, il vero dato allarmante. Non mi preoccupo tanto delle strade sporche: per questo basta mettersi a tavolino con le società partecipate per capire cosa non funziona e richiamare il dirigente. Mi preoccupa molto di più il declino umano e demografico, che poi si accompagna ad un declino sociale e culturale”.
Quali le responsabilità?
“In questo momento ai giovani salernitani viene proposta una movida centrata semplicemente sul consumo di una birra o di un bicchiere di vino. Ci sta pure, per i maggiorenni: ma bisogna anche creare atelier creativi dove i ragazzi possano incontrarsi, fare musica, teatro di strada, manipolazione artistica. In questa città non c’è un concerto per giovani da anni. Molti preferiscono andarsene e frequentare università fuori Salerno, non perché la nostra Università non sia adeguata rispetto alle loro aspettative, ma perché questa città non offre nulla dal punto di vista culturale. Anche città universitarie più piccole, come Siena, offrono di più”.
Come pensa di invertire la tendenza?
“Con un piano integrato che tenga insieme la cultura, l’arte e il turismo guardando alle diverse fasce di età e quindi targhettizzando le proposte. E bisogna a pensare ad uno sviluppo integrato con i territori circostanti, altrimenti questa città, pensata nel 2005 come una città fortino chiusa su sé stessa, è destinata ad implodere. Non è più il tempo di una città compatta”.
L’ultimo Consiglio comunale ha approvato il bilancio: la preoccupa la situazione economico-finanziaria?
“Molto, inutile raccontare favole. Abbiamo un buco di bilancio che necessita di un piano di rientro che non si appoggi soltanto sul gettito erariale. Penso a prospettive anche di detassazione rispetto alla Tari per i condomini che utilizzano il Superbonus, ma anche al rilancio dello sviluppo economico creando attrattori di investimento”.
Come pensa di farlo?
“Innanzitutto, non lasciando fuggire le aziende. Lo abbiamo fatto per quelle della cantieristica nautica: del Polo nautico erano stati realizzati i servizi di terra, bisognava costruire soltanto il molo. Non si è costruito e, come se non bastasse, quei terreni avevano per gli investitori un costo doppio rispetto al reale prezzo di mercato. Risultato: le imprese si sono trasferite ad Avellino, a Castellammare o altrove. Un danno enorme sia in termini di posti di lavoro, sia di gettito erariale. Dobbiamo restituire alla zona industriale, trasformata in commerciale, la sua originaria vocazione. Non penso ovviamente all’industria pesante, ma ad una industria leggera al servizio e a supporto della filiera delle imprese presenti sul territorio”.
Cosa pensa dei sondaggi diffusi in questi giorni?
“Rappresentano una fotografia istantanea valida in quel momento, ma non più significativa due giorni dopo. Un dato importante che emerge è che l’amministrazione uscente non gode più della popolarità e del favore della cittadinanza. In cinque anni ha perso più del 20% dei consensi. Un minimo di autocritica l’amministrazione uscente dovrebbe farla”.
(Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud del 20 settembre 2021)