Per l’ennesima volta se n’è parlato lunedì sera, a margine dell’incontro “Consapevole. Confronto aperto verso il voto”, organizzato da un cartello di venti associazioni salernitane, per compulsare i candidati a sindaco e le rispettive coalizioni, su programmi e idee legate a sei “tracce”: partecipazione, welfare, giovani e lavoro, ambiente, beni comuni, cittadini del mondo e abitanti di Salerno.
È stata la candidata sindaca Simona Scocozza a porre il tema (che intersecava la legalità, l’ambiente, ma anche il rispetto delle regole e dei “beni comuni”): le affissioni selvagge, dietro cui troppo spesso si celano comportamenti che vanno ben oltre la legalità.
È la politica delle “spase”, come le si chiama in gergo: affissioni selvagge su tutti i pannelli destinati alla campagna elettorale (e non manca chi si spinge oltre, coprendo anche centraline telefoniche, muri dei palazzi e lampioni). Gianluca Foselli, in lista a sostegno della Scocozza, ne ha tirato fuori una campagna video informativa sui social, mostrando come per alcuni candidato (a sindaco o a consigliere comunale), il rispetto delle regole sia davvero un optional (non gradito, accessorio e facoltativo).
“Sono stata minacciata – ha detto Simona Scocozza durante l’incontro svoltosi al Mumble Rumble – ed ho temuto per la mia incolumità fisica”: colpevole, la giovane candidata, soltanto di aver preteso il rispetto delle regole, e quindi degli spazi garantiti a tutte le 31 liste sui 16 pannelli, collocati in diversi punti della città. Soltanto l’intervento di un altro candidato a sindaco (Maurizio Basso) e di un giornalista in transito lì per caso, hanno evitato che la situazione degenerasse.
Eppure, che dietro le affissioni elettorali si celino spesso interessi e comportamenti illeciti (quando non criminali) è cosa nota. Manca ogni forma di controllo (ed ancor meno di sanzione verso chi viola le regole). È un’assurda corsa che di notte, e fino alle prime luci dell’alba, impiega squadracce di attacchini, che passano e ripassano più volte, per avere la garanzia che, all’alba, il faccione sovraesposto sui tabelloni sia quello del proprio candidato.
Squadracce dietro cui spesso si celano spesso anche interessi criminali, con gruppi che si dividono zone e candidati nell’illusione di “conquistare” una fetta di consenso. Due persone, Antonio Procida e Angelo Rinaldi, furono uccisi nel 2015 a Fratte con tre colpi di pistola, proprio per uno “sgarro” legato alle affissioni elettorali, di cui si sarebbe risentito Matteo Vaccaro (condannato poi all’ergastolo).
Che il contesto, da allora, sia mutato molto poco lo si evince proprio dalle parole della candidata Scocozza, che per i fatti avvenuti in pieno centro a Salerno ha presentato denuncia. Pochissimi tra i candidati (ci si perdoni l’eufemismo) ricorrono all’Ufficio affissioni del Comune: tutti (o quasi) preferiscono queste squadre border line, che ovviamente operano quasi tutte nella piena illegalità (basterebbe prender nota delle “stese” di oggi e rapportarle alla rendicontazione delle spese che, per legge, i candidati devono esibire dopo il voto: la spesa per le affissioni, nella migliore delle ipotesi, è irrisoria).
La città, ad ogni tornata elettorale, viene letteralmente suddivisa tra bande, che coprono quartieri e fette di territorio, ed è impossibile pianificare campagne di affissione aggirandole. La politica, in tutto questo è assente, se non per finanziare e fingere di non sapere. Spiana la strada, in tal modo, a comportamenti criminali e atteggiamenti malavitosi. Si pianificano campagne di affissione (il più delle volte a nero) anche di cinquemila o seimila euro: col rischio concreto però di non notare, all’alba, neppure un manifesto, perché tutto coperto dalla “squadraccia” successiva. Tutti lo sanno, ma nessuno denuncia.
(Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud del 29 settembre 2021)